Da almeno trent’anni il problema
dell’acqua nel mondo si è posto sempre più prepotentemente
all’attenzione di politici, scienziati ed organismi internazionali,
come uno dei grandi problemi potenzialmente capaci di scatenare
disastri e carestie di portata epocale.
Gli
squilibri climatici degli ultimi decenni, mentre hanno provocato enormi
danni causati da alluvioni straordinarie verificatesi in regioni del
pianeta generalmente non soggette a precipitazioni particolarmente
elevate, nel contempo hanno accentuato o perpetuato situazioni di
particolare aridità in altre regioni già colpite da decenni da siccità
progressiva.

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L’acqua per usi alimentari, irrigui e industriali
si sta rilevando una risorsa sempre meno disponibile per alcune aree
del nostro pianeta ed il bisogno di questo bene primario ha generato in
tutto il mondo una serie di più o meno grandi progetti tutti tesi
all’accumulo, alla regimazione e al razionale utilizzo di questa
risorsa che condiziona lo sviluppo e talvolta la stessa sopravvivenza
di intere popolazioni. Ancora più che nel passato, molti futuri
conflitti, in alcune parti del pianeta, si disputeranno sulla proprietà
e sull’uso delle acque.
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Negli
ultimi anni il problema idrico mondiale è stato al centro di dibattiti
sempre più importanti, sempre più “globalizzati” e angoscianti.
Quello che oramai viene definito lo “stress” idrico è stato illustrato
nel corso di numerosi convegni a livello internazionale da personalità
sempre più autorevoli che non “prefigurano” più “scenari catastrofici”
come accadeva qualche decennio orsono, ma questi “scenari” li
descrivono nel quadro della crisi idrica globale citando tragiche
realtà igienico-sanitarie che affliggono vaste aree del pianeta.
E’
sufficiente scorrere, anche velocemente, il resoconto “Lo
Sviluppo Umano Rapporto 2006 – L’acqua fra Potere e Povertà”
dell’ UNDP per condividere pienamente il suo principale assunto : “che
se milioni di persone nel mondo non hanno accesso ad una fonte di acqua
sicura non è perché questa risorsa scarseggi ma perché sono
intrappolate in una spirale di povertà, disuguaglianza e fallimenti
delle politiche governative”
Le due proposte di progetto descritte – TRANSAQUA e
INTERAFRICA – rappresentano un contributo per affrontare decisamente il
problema idrico di una vasta area in progressiva desertificazione nel
Sahel africano al centro della quale si trova quello che, fino ad
alcuni decenni orsono, era il Lago Ciad, un vero e proprio mare di
acqua dolce, ricco di pesci che alimentava vaste aree irrigue e falde
freatiche sfamando milioni di popolazioni rivierasche (del Niger,
Nigeria, Camerun e Ciad fra loro collegati anche da trasporti lacustri)
e costituendo un baluardo all’avanzamento del deserto.
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La
progressiva diminuzione delle precipitazioni e l’innalzamento delle
temperature hanno ridotto questo “mare” ad una “pozza” di circa un
ventesimo della sua originale superficie provocando una vera e propria
catastrofe ecologica.
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